7 milioni di giovani a casa ma non sono "bamboccioni"

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neworacle
00venerdì 28 maggio 2010 02:54
Secondo il Rapporto 2009 dell'Istat sono ragazzi tra i 18 e i 34 anni e vivono con i genitori perché hanno problemi economici. Statistiche: il 21,2 per cento degli under 29 è fuori dal circuito formazione-lavoro.

Sono celibi, prevalentemente maschi, hanno un'età compresa tra i 15 e 34 anni e in totale formano un esercito di circa sette milioni di giovani costretti a vivere ancora assieme ai genitori. Ragazzi nullafacenti per costrizione più che per scelta costretti a tirare a campare con poche speranze. Questa è la preoccupante carta d'identità di quelli che, in una vecchia e poco istruita Italia, stanno pagando maggiormente i riflessi di questa drammatica crisi economica. Con il passare degli anni hanno subito le critiche più dure come se l'essere costretti a vivere in famiglia fosse una loro colpa.

L'ex ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa nel 2007 fu il più indelicato definendoli «Bamboccioni» e augurando loro di essere messi fuori casa. Oggi lo scenario non è cambiato di molto ma guai se qualcuno osa definirli ancora in quel modo. La prima a chiederne la sopressione è proprio il direttore centrale dell'Istat, Linda Laura Sabbadini, che, per conto dell'istituto ha collaborato alla realizzazione della statistica presentata ieri alla Camera e contenuta nel Rapporto annuale 2009: «Basta banalizzazioni: la parola "bamboccioni" andrebbe abrogata dal nostro linguaggio». E, proprio grazie alle sue parole, si riesce a capire ancora meglio la situazione: «Il quadro della popolazione giovanile è molto critico: 300 mila giovani occupati in meno nell'ultimo anno, aumentano i disoccupati inattivi, abbiamo una scarsa competenza rispetto agli altri Paesi europei e tassi di interruzione scolastici elevati».

Così si rimane a casa con mamma e papà ma non più per scelta né per piacere, se questo sia veramente mai successo, ma perché le condizioni di vita lo impongono. Per capire la gravità della situazione basta scorrere con attenzione le percentuali prodotte dall'Istat. Il dato più allarmante è quello che riguarda lo studio e il lavoro: il 21,2% degli under 29, risulta fuori dal circuito formazione-lavoro. Un dato che è poco meno del doppio rispetto alla media dei Paesi Ocse. Un fenomeno battezzato dagli inglesi "Neet", ossia «Not in education, employment or training», che si arricchisce di anno in anno con la progressiva uscita dei giovani dal mercato del lavoro.

Ecco quindi il secondo dato preoccupante: tra il 2008 e il 2009 i giovani tra i 20 e i 24 anni classificabili come né studenti né lavoratori sono aumentati del 13%, e nel Sud sono il 30,3% (contro il 14,5% del Nord). Ma non è finita qui: la difficoltà di trovare un'occupazione tiene 436.000 giovani, già fuori dei canali di istruzione e formazione, lontano dal mercato del lavoro, almeno quello regolare.

E allora, come si domanda Sabbadini, «come è possibile che si parli ancora di "bamboccioni"? Una domanda alla quale risponde l'Istat che segnala il crescente disagio dei giovani condannati a una lunga permanenza in casa. I 18-34enni infatti non considerano più la propria permanenza in famiglia come una comoda attesa del lavoro resa più semplice da spazi di autonomia, ma come una rinuncia a causa delle scarse risorse economiche. Non a caso i giovani che rivendicano come una scelta lo stare in famiglia scendono del 10% tra le femmine e del 9% tra i maschi e si fermano attorno al 35%. E per tutti gli altri? È solo una dolorosa necessità.

Fonte: ilTempo
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